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Apilogia, il Volo nel Sapere: anche l’occhio vuole la sua parte

Assaggiare un alimento significa cercare di applicare le capacità sensoriali per memorizzare e riconoscere interazioni specifiche e selettive che dipendono sia dalla natura e matrice dell’alimento che dalla fisiologia dell’assaggiatore. È un processo innato e involontario che facciamo tutti continuamente come probabile evoluzione di una attenzione al riconoscimento dell’alimento dalla fonte di potenziale tossicità.

Quando viene fatta in chiave sistematica e professionale prende il nome di analisi sensoriale che applica tecniche e metodologie specifiche in base alla natura dell’alimento da valutare.

Nel caso del miele l’analisi sensoriale include la valutazione dell’aroma, ovvero la ricerca di specifiche caratteristiche positive e l’assenza di caratteri negativi attraverso l’olfatto, del sapore, che comprende l’analisi delle percezioni gustative del dolce, amaro, acido o aromatico e la relativa persistenza, la consistenza e la valutazione visiva che include trasparenza e limpidezza e, non ultimo il colore.

Quest’ultimo è spesso considerato come parametro più facile, probabilmente perché legato alla facile  visibilità, ma merita comunque una accurata analisi in quanto è strettamente legato ai marker di qualità intrinseci al prodotto.

Non basta guardare il contenitore, neanche quando questo è trasparente e chiaro, come il vetro. L’osservazione andrebbe fatta utilizzando una luce naturale forte ed omogenea o una luce artificiale, purché standardizzata, da poter permettere analisi comparative tra campioni e ridurre l’interferenza di altri fattori esterni.

Nella maggior parte dei casi il consumatore fa una analisi comparativa, confrontando il colore di diversi campioni mentre in ambito di ricerca e di produzione industriale si utilizzano colorimetri per la caratterizzazione analitica o scale di colori di riferimento, codificate e standardizzate.

L’importanza della caratterizzazione del colore è legata alle informazioni che questo ci può fornire in relazione alla proprietà intrinseca del prodotto, quali l’origine botanica (diffidate da chi vende un miele di castagno dal colore giallo paglierino, questa specie produce un miele dal colore scuro ed intenso!). All’interno del campione il miele deve presentarsi di colore omogeneo ed uniforme come primario carattere che il consumatore utilizza per orientarsi nella scelta del prodotto.

Attenzione però a non confondere l’analisi del colore con l’aspetto che spesso è influenzato dall’inizio di processi di cristallizzazione. La presenza di cristallizzazione non è un fattore negativo, al contrario può essere utilizzata come indicatore di un miele naturale e non adulterato.

La cristallizzazione è un processo spontaneo ed intrinseco in quanto legata allo specifico rapporto tra glucosio e fruttosio, i due principali zuccheri che costituiscono il miele. Fattori ambientali come le basse temperature di stoccaggio possono favorire o velocizzare la cristallizzazione che influisce sul carattere estetico del prodotto ma ne rappresenta la caratteristica naturalezza.

Non ci dobbiamo quindi preoccupare se mangiamo miele di girasole dal colore opaco e dalla consistenza granulosa, dovuto all’abbondanza di glucosio, mentre possiamo ragionevolmente avere qualche dubbio se ci troviamo di fronte ad un miele di acacia cristallizzato.

La cristallizzazione di per se non è una valutazione negativa ma, come nel caso dell’acacia, il miele tendenzialmente presenta caratteristiche di limpidezza e consistenza liquida per molto tempo.

Di contro, in mieli naturalmente predisposti alla cristallizzazione, l’assenza potrebbe essere legata a trattamenti stabilizzanti o finalizzati al miglioramento dell’aspetto. Possiamo anche non immaginarci nulla di particolarmente complesso, basta infatti un trattamento termico come strumento preventivo della cristallizzazione.

Se da un lato questo non inficia sulle proprietà dolcificanti però potrebbe avere effetti deleteri su tutta l’articolata e complessa composizione di metaboliti, enzimi e vitamine presenti in origine.

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Il colore rimane comunque il primo indicatore che guida il consumatore alla scelta, condizionando anche le aspettative e la percezione sensoriale. Sarà molto difficile che un consumatore “non allenato” identifichi caratteri di amarezza ed intensità in mieli di colore chiaro e traslucidi, che vengono associati a percezioni dolci e delicate, ma in fondo questo è del tutto normale, non a caso si dice che “mangiamo con gli occhi” perché dalla vista ci facciamo fortemente influenzare per la scelta di prodotti che dovranno poi andare ad appagare il palato.

Da un punto di vista più tecnico, il colore del miele è influenzato dalla specie botanica di provenienza e quindi, indirettamente dall’origine geografica e direttamente dalla presenza di composti nella specie originaria quali minerali, metaboliti secondari, antiossidanti, tipologia e abbondanze relative di zuccheri e, non ultima, l’umidità residua.

Se ancora non siamo convinti dell’importanza del colore, proviamo ad osservare l’esposizione di miele sugli scaffali di un grande punto vendita. La prima cosa che salta all’occhio è proprio il colore e non perché siamo particolarmente attenti a questo aspetto (forse non ci avevamo mai fatto caso!), ma perché i produttori valorizzano aspetto del colore attraverso l’uso quasi esclusivo di confezioni trasparenti. E allora come può il consumatore utilizzare il parametro colore per una scelta consapevole? La risposta non è semplice e lineare.

Se su scala industriale sono applicate scale di valutazione del colore strumentali o comparative (ad esempio la scala Lovibond o la scala Pfund) il consumatore può fare riferimento solo alla conoscenza delle caratteristiche intrinseche di mieli monoflora oppure attraverso una analisi di confronto tra campioni noti.

Quest’ultimo aspetto si basa tra l’altro sulla capacità del produttore di standardizzare il prodotto per cui il consumatore abituato ad utilizzare un certo miele che ha un colore si aspetta di vedere conservato nel tempo proprio questo carattere. Si tratta quindi di applicare conoscenze ed esperienze, che in questo caso possiamo semplificare in essere curiosi. Il connubio pianta-ape porta alla produzione di mieli monoflorali con colori tipici e caratteristici che riflettono note gustative ed aromatiche altrettanto tipiche.

Il miele di acacia è trasparente, di colore chiaro e sapore floreale, la Sulla produce un miele quasi bianco, il Girasole porta ad un miele giallo intenso, mentre il miele di Castagno è marrone scuro, ma certamente definire il colore e la gradazione come parametro assoluto, senza confronto non è assolutamente facile.

Allora il consumatore non può fare altro che imparare, cercare le informazioni che ritiene più importanti in etichetta e sperimentare perché in fondo il miele è un alimento e come alcuni approcci ad uno stile di vita sano ci insegnano, più colorata è la dieta maggiore sarà la ricchezza di fattori positivi, a patto che il colore sia quello intrinsecamente naturale dell’alimento.

Nel caso del miele, in particolare, la diversità cromatica riflette direttamente la biodiversità delle specie botaniche di origine.

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Luigi Menghini, professore ordinario di Botanica farmaceutica e referente Orto botanico Giardino dei Semplici, Dipartimento di Farmacia, Università Gabriele d’Annunzio

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