Wikiadi

Il vero volto del miele

Il cibo degli dei

Il miele ha una storia antichissima. Le prime tracce che ne testimoniano l’uso da parte dell’uomo, il quale probabilmente se ne cibava fin dalle origini, sono databili a circa 10.000 anni or sono, in pitture rupestri. Nell’antico Egitto, il miele era inizialmente un cibo di lusso, una prerogativa reale e divina; una maggiore generalizzazione del suo uso comincia nel secondo millennio avanti Cristo, come mostrano il ritrovamento di vasi per il miele o di favi in tombe private e la menzione del miele come razione di cibo in spedizioni commerciali, come bottino di guerra, pagamento di tributi, offerte templari e dono votivi. Nell’antichità il miele, nell’alimentazione, era utilizzato come dolcificante, come condimento e come conservante. Ma l’uso del miele si estendeva anche alla cosmesi e alla medicina, come antisettico, cicatrizzante, purgativo. Al miele, così come all’ape, erano attribuiti un valore sacro e un’origine divina, come testimoniano diversi miti: quello di Zeus nutrito dal latte della capra Amaltea e di miele delle figlie di Melisseo, di Dioniso allevato a miele da una ninfa e di Aristeo che avrebbe insegnato agli uomini l’arte dell’apicoltura. Il miele era anche simbolo di rigenerazione dopo la morte, ed era usato nei culti funerari ad Atene fin dal V secolo a.C.

Durante il Medioevo il miele conobbe un uso costante e la sua storia si intrecciò a quella dello zucchero. Lo zucchero era conosciuto solo per scopi medici, ma nell’VIII secolo d.C. con l’arrivo degli Arabi in Spagna, se ne diffuse l’uso nel Mediterraneo come dolcificante. Perso il suo ruolo come sostanza dolce, il miele restava un alimento secondario rispetto allo zucchero e il suo uso si ridusse enormemente. Ma la ricerca di un’alternativa al costoso zucchero di canna americano nell’Ottocento favorì una rinascita dell’apicoltura e della produzione del miele.

Arrivando ai giorni nostri, nella prima metà del Novecento si sviluppa una maggiore attenzione alla provenienza botanica dei mieli. Ma è solo negli anni Settanta che si gettano le basi scientifiche per mettere in atto una caratterizzazione dei mieli uniflorali, con le prime analisi melissopalinologiche, l’esplorazione e la quantificazione dei granuli pollinici rimasti come residuo in un miele, per dimostrarne la provenienza. Il miele oggi è tornato ad essere apprezzato come alimento da tutti i popoli.

Che cos’è il miele

Ci sono diversi modi di definire il miele. Dal punto di vista della biologia animale il miele deve essere considerato come un alimento di riserva: solo le api (e pochi altri insetti a loro simili) fanno miele perché solo loro, tra gli animali che si nutrono di nettare e polline, hanno la necessità di accumulare scorte di cibo. Risolvono il problema trasformando il cibo fresco dell’estate in un alimento a lunga conservazione. Per fare un paragone con qualcosa che ci è più familiare potremmo dire che il miele sta al nettare come la marmellata sta alla frutta fresca.

Come alimento il miele può essere visto come una fonte di zuccheri semplici e per questo è un cibo altamente energetico e dolcificante. In questa categoria è l’unico che non necessita di nessuna trasformazione per arrivare dalla natura alla nostra tavola.

La formulazione legale, anche se forse suona un po’ troppo fredda, contiene tutti gli elementi fondamentali per identificare in modo univoco il prodotto: “… per “miele” si intende la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”.

In cosa è speciale?

Il miele quindi è un alimento speciale, che deve tutte le proprie caratteristiche esclusivamente alla natura, al tipo di risorsa raccolta dalle api e al loro lavoro, mentre l’apicoltore, si limita ad estrarlo e a renderlo disponibile. La definizione legale del prodotto prevede proprio che al prodotto commercializzato come “miele” non venga aggiunto niente, né tolto niente. Non deve quindi essere addizionato di nessun ingrediente e non deve essere trattato in maniera da eliminarne alcune componenti. Mediamente il miele è costituito per circa l’80% da zuccheri diversi, principalmente fruttosio e glucosio; il 17% è la parte acquosa e solo il 3% è rappresentato da sostanze diverse, tra le quali sostanze azotate, sali minerali, acidi organici, polifenoli, sostanze aromatiche.

Non dovremmo parlare di “miele”, al singolare, ma piuttosto di “mieli”, al plurale. Le differenze che esistono fra un prodotto e l’altro sono dovute soprattutto alla diversa natura del nettare o della melata di origine e consistono in un diverso rapporto quantitativo tra i componenti principali (diversi zuccheri e acqua) e nei componenti minori. Ne risulta una gamma di prodotti molto diversi per aspetto, consistenza, colore, odore e sapore, che possono adattarsi a usi e a gusti molto diversi.

Liquido o cristallizzato 

Quando le api producono miele, in realtà partono da soluzioni diluite (il nettare) e le concentrano per favorirne la conservabilità. Le mettono poi nei favi dell’alveare, dove, se non intervenisse l’uomo, sarebbero destinate a rimanere fino al momento del consumo. Nei mieli estratti dai favi, la cristallizzazione è accelerata dal processo stesso di estrazione che provoca una formazione di microscopici cristalli di glucosio, sui quali si svilupperanno, successivamente, cristalli visibili.

Tutti i mieli si presentano, quindi, al momento dell’estrazione dai favi, come liquidi molto viscosi; tutti i mieli vanno incontro a un processo in cui gli zuccheri naturali in esso contenuti tendono ad aggregarsi sotto forma di cristalli, trasformando il prodotto in una massa più o meno finemente granulosa e più o meno compatta.

Il processo di cristallizzazione può essere molto diverso secondo l’origine del miele e quindi la sua composizione: ci sono quindi mieli che possono rimanere liquidi per molti mesi (acacia, castagno, melate) ed altri che cristallizzano già in un paio di settimane (tarassaco, colza, girasole), mentre la maggior parte richiede alcuni mesi per completare il processo. Il processo è più rapido a temperature fresche (12-16°C) ed è rallentato dal calore ma anche dal freddo intenso. Ci sono alcuni mieli che cristallizzano anche prima dell’estrazione dai favi, ma proprio per questo non è possibile estrarli e non sono presenti sul mercato. La cristallizzazione non è un difetto, è una naturale evoluzione del prodotto.

Molti consumatori preferiscono però il miele liquido; per assecondare questa richiesta, l’industria ha messo a punto tecnologie per riportare e prolungare la vita del miele in questo stato. Tali tecniche però, consistenti in processi di riscaldamento (pastorizzazione) e filtrazione, tendono a distruggere le componenti più nobili e peculiari del miele. La maggior parte dei mieli liquidi presenti sul mercato hanno subito tali processi, che però non sono indicati in etichetta.

La conservazione 

Il miele è un prodotto a lunga conservazione ed anche lungamente immagazzinato o maltrattato non diventa mai pericoloso per la salute. Tuttavia le sue caratteristiche più peculiari (fragranza e attività benefiche) sono relativamente fragili. La velocità di degradazione è proporzionale alla temperatura di conservazione: già a temperatura fresca (di cantina) il miele conserva le sue proprietà per molti anni, mentre a 25-30°C le perderebbe in pochi mesi. Non sono necessarie quindi particolari precauzioni di conservazione per il vaso che si sta consumando, ma un’eventuale scorta di prodotto, da conservare per diversi mesi, va tenuta in un locale fresco. 

I difetti del miele 

L’unica alterazione cui il miele può essere soggetto è la fermentazione, che tuttavia è molto rara e riguarda i mieli che, per le particolarità delle condizioni di produzione o per errori da parte dell’apicoltore, hanno un contenuto di acqua superiore al 18%. Il miele fermentato, pur non essendo pericoloso per la salute, è comunque un prodotto degradato e può essere destinato solo ad usi secondari. Si riconosce molto facilmente per l’aspetto (schiumoso o spugnoso), la presenza di gas all’apertura del vaso e l’odore e sapore di frutta acida.

Un miele cristallizzato, conservato a lungo o a temperature troppo elevate, tende a separare in superficie uno strato liquido. La separazione di fasi è quindi un difetto estetico che indica una conservazione non adeguata. Può essere anche associato alla fermentazione, ma più frequentemente questo difetto si presenta da solo. Un miele separato in fasi è comunque utilizzabile. Se il difetto interviene nel corso della conservazione in casa, è un’indicazione che le condizioni adottate non sono quelle ideali.

Un miele che presenti una parte liquida e una parte cristallizzata in maniera irregolare e grossolana indica che il processo di cristallizzazione è avvenuto molto lentamente. Può essere dovuto alla sua natura e quindi si tratta di un semplice difetto estetico; tuttavia, la causa più frequente di tale presentazione, è l’applicazione di un processo termico, per il prolungamento del tempo di vita allo stato liquido, che non ha dato l’esito sperato. È quindi un prodotto da non comprare se si vogliono privilegiare le componenti più specifiche del miele.

Un aspetto molto comune nei mieli cristallizzati in maniera compatta consiste in affioramenti o marezzature biancastre sulla superficie e sulle pareti (a volte anche più in profondità) della massa di miele. Si tratta di punti in cui il miele, a contatto con bollicine d’aria inglobate nelle fasi di preparazione, si è essiccato. Si tratta quindi di un difetto estetico, ma che non incide sulla qualità intrinseca del prodotto. Anzi, può quasi essere preso come un segno di garanzia, in quanto questo aspetto si produce molto frequentemente sui mieli che non sono stati sottoposti ad alcun trattamento e che sono stati stabilmente conservati al fresco.

Come si usa

Il miele è costituito soprattutto da zuccheri semplici (fruttosio e glucosio, generalmente con prevalenza del primo) e questo determina il suo posto nella nostra dieta come un alimento con funzione soprattutto energetica. Il grande vantaggio del miele è di poter dare all’organismo calorie prontamente disponibili, senza richiedere processi digestivi e senza apportare, nel contempo, sostanze indigeribili o dannose.

La ricchezza in fruttosio conferisce al miele un potere dolcificante maggiore dello zucchero (saccarosio). Il suo effetto energetico è maggiore e più prolungato rispetto a molti altri alimenti dolci; infatti, è ricco sia di glucosio, che viene bruciato immediatamente, che di fruttosio, che resta disponibile per l’organismo un po’ più a lungo.

Il miele può essere utilizzato anche come ingrediente di piatti o dolci diversi. Le preparazioni dolci che non richiedono cottura o quelle alle quali il miele viene aggiunto a cottura ultimata sono ovviamente quelle in cui questo ingrediente trova il suo inserimento ideale. Più che di ricette vere e proprie si tratta, in questo caso, di suggerimenti per l’uso: basti pensare a tutti quegli alimenti ai quali abitualmente aggiungiamo zucchero. In tutti questi casi il miele può essere utilizzato con indubbio beneficio per la salute e per il piacere dei golosi. Occorre trovare però mieli che abbiano un gusto che ben si adatta al cibo o alla bevanda ai quali viene aggiunto, completandone l’aroma o producendo un piacevole contrasto.

Anche nelle preparazioni salate il miele può trovare una giusta collocazione, apportando quel po’ di dolce necessario a completare l’armonia dei sapori e una nota aromatica inusuale. È molto importante non eccedere nelle quantità: nel piatto finito gli aromi apportati dall’aggiunta di miele devono essere percepiti come un qualcosa in più, senza che il miele utilizzato sia chiaramente riconoscibile.

 

“Mieli” e non “miele” 

I mieli presentano evidenti differenze conseguenti alla diversa origine botanica. Si parla di miele uniflorale (o monoflora) quando questo proviene principalmente da un’unica origine botanica e ne risulta sufficientemente caratterizzato dal punto di vista delle caratteristiche, mentre gli altri mieli sono definiti genericamente millefiori. Il pregio dei mieli uniflorali consiste nell’unicità delle caratteristiche organolettiche e della composizione e spesso nella rarità.

È piuttosto diffusa l’abitudine di attribuire ad ogni miele uniflorale, soprattutto a quelli provenienti da piante officinali, un uso “terapeutico” particolare: anche se è probabile che i mieli derivati da queste piante contengano, in piccole quantità, gli stessi principi presenti nei fiori (già meno probabile se i principi attivi si concentrano nelle foglie, nella corteccia o nelle radici), questo, per il momento, non è ancora stato dimostrato e mancano quindi elementi obiettivi per sostenere queste affermazioni. Il miele, inoltre, è soprattutto un alimento e la sua attività sulla salute è da ricercarsi negli aspetti nutrizionali più che in attività farmacologiche specifiche. Tra i diversi prodotti non può essere fatta una graduatoria di qualità: ogni consumatore sceglierà il preferito secondo il gusto e le abitudini alimentari personali. Tuttavia nel mercato si viene a generare, per effetto del meccanismo della domanda e dell’offerta, una graduatoria di pregio commerciale: cioè alcuni mieli sono più ricercati e la scarsa disponibilità porta alcuni prodotti ad avere prezzi più elevati.

 

Fonti:

informamiele.it

unibo.it

Potresti essere interessato anche a:

Immergiti nel mondo di dolcezze ADI

Questo si chiuderà in 22 secondi